Wednesday, September 29, 2010

Specchietto Retrovisore

Guardarsi indietro non e’ mai stato cosi’ bello.


La cosa sorprende anche me, incallita nostalgica.

Io che nel giorno del mio diciottesimo compleanno rimpiangevo la passata giovinezza.

Io che mi siedo a guardare il mare e tiro fuori un vecchio film dalla biblioteca mentale dei ricordi.

Io che allungo la strada per tornare a casa, solo per riascoltare una canzone. Per ripensare ad un momento. Per riassaporare un bacio. Per rivedere un vecchio amico.


San Francisco offre un’ ottima scusa per guardarsi indietro.

Un’incredibile visuale dallo specchietto retrovisore.


Un sali scendi di asfalto inondato dal sole, una striscia continua di case appuntite, che sembrano sgomitare tra loro per farsi spazio verso il cielo. Distese ordinate di alberi e marciapiedi di rose. In lontananza, l’azzurro della baia costellata di vele bianche e kite fosforescenti.

Eppoi, la citta’ che ti respira addosso: un vento che non si vede, ma c’e’ sempre, e sospinge il tuo viaggio tra le colline, dandoti l’illusione di volare.


Il risultato e’ un’ altalena mozzafiato, un paese delle meraviglie da cui non riesci a distogliere lo sguardo.

Come uno di quei quadri dalla prospettiva distorta, che pare disegnato dal cappellaio matto per confondere le idee.


Una composizione piena di errori, che nel suo complesso sembra perfetta.

Come un ricordo.




Tuesday, September 28, 2010

Si', Viaggiare

Semaforo rosso. La mia Ford si guarda attorno con i suoi fanali abbaglianti.

Jeep blu: quarantenne rifatta con sottofondo alla Britney Spears. Lexus monovolume: famigliola felice in fibrillazione al ritmo del qua qua. Mustang nera: messicano con baffi, imprigionato nella Salsa. In lontananza: Chevrolet bianca a base di country con vecchio a bordo. Attraversamento pedonale: corridore gay con Ipod, in probabile ascolto di Best of Celine Dion.


La mia Ford Edge ha un'aria diversa.

Non e’ mai stata a Sanremo, ma e’ come se si fosse fatta le ultime venti edizioni parcheggiata in prima fila.

Mi ricorda quelle adolescenti che sanno tutte le canzoni a memoria e al concerto lanciano i reggiseni sul palco.

Al semaforo, la mia Ford si tira giu’ i finestrini e mostra la pelle. Ogni tanto lancia pure i tappetini. Fa la smorfiosa coi tergicristalli. E canta in italiano.


E’ la tipica sidrome da emigrante: l’idealizzazione della propria patria, e, tra le altre idiozie, della propria musica.

Sally tiene compagnia sul Golden Gate. Jovanotti incuriosisce i passanti. Samuele Bersani mi spacca il cuore. Mina mi fa ricordare un amore grande grande. Carmen Consoli mi deprime un po’.

L’acqua del pacifico sembra piu’ chiara, con Battisti.Il vento, al tramonto, e' un Tiromancino. Alessandra Amoroso mi ricorda di telefonare alla mamma.


E cosi’, ignara e felice- come un turista tedesco in costume a dicembre o un americano che mangia spaghetti scotti a Siena- la mia Ford Edge ha imparato ad amare questa mediocre italianita’, senza aspettarsi di meglio.


In fondo, proprio come a me, a lei piacciono. Anche se sono solo canzonette.



http://www.youtube.com/watch?v=AiAwYSsQ7JE&p=CC38BA5777F27469&playnext=1&index=19

http://www.youtube.com/watch?v=i5BkVadlA30

http://www.youtube.com/watch?v=eJ9vjSeajdA

http://www.youtube.com/watch?v=rKBeIwXE5gs (so Nineties!)

http://www.youtube.com/watch?v=H2R_YoGJcww



Thursday, September 23, 2010

Aria Fritta

Tipica cena in compagnia di amici americani.


Antipasto. Cocktail di parole superflue, al sapore di discussione metereologica. Trionfo di resoconti sulla pupu’ dei bimbi e carrellata di elogi al labrador del vicino di casa.


Primo. Zuppa di sorrisi surgelati, con crostini di silenzio. Accompagnata da nuovo filoncino tematico- Viaggi Effettuati Di Recente- appena sfornato. Pasticcio di cognizioni geografiche, esaltato da Pinot (di) Grigio background culturale.


Secondo. Bollito di conversazioni politico-economiche. Polpettone ripieno di lavoro con menzione di stipendio, accompagnato da bistecca scotta di curriculum professionale. Contorno di fegato amaro per il mancato fatturato annuale.

Reminescenze del college in salsa agrodolce.


Dessert. Marmellata di complimenti, sbadigli di stagione e millefoglie di ringraziamenti per la magnifica serata.



Il conto e’ salato. Eppure, mi sembra di non aver mangiato niente.


Tuesday, September 21, 2010

Come l'America*

Francesca non c’entra niente con l’America. Lei e’ profonda e sincera. Complicata ed orgogliosa. Ha stile. E’ di poche parole. Detesta gli eccessi e le esclamazioni. E va in giro con una borsa di Louis Vuitton.


Eppure, Francesca e’ come l’America. Piena di spazi infiniti dove nessuno ha mai camminato. Fatta di nuvole e di tramonti. Di montagne solitarie e di spiagge deserte.

Chilometri di terra nuda e orizzonti segreti.


Francesca e’ fatta di stelle e di strisce.

Cioe’ di sogni e di schemi. Di salti e di percorsi forzati. Di desiderio e di paura. Di ambizione e di timidezza. Di cielo e di impossibilita’. Di luce e di rigore.


Come l’America, una contraddizione.



*dedicato a Francesca: amica, emigrante, sognatrice.






Monday, September 20, 2010

La Regola del Cerotto


Italia. Primo giorno di asilo.


Ore 9.00: arrivo.

Ore 9.01- 9.30: chiacchiere diffuse con le maestre.

Ore 9.30-12.00: lezione di salto, corso di urla ed esercitazione di sbrodolamento in compagnia della mamma. Sorrisi e serenita’ sparsi.

Ore 12.10: Saluti. Rammarico generale per la dipartita. Abbracci. Scambio di inviti. Promesse di amicizia eterna.



America. Primo giorno di asilo.


Ore 9.00: arrivo. Assenza di scambi interpersonali.

Ore 9.01: ‘drop off’- consegna del bambino in perfetto stile check in.

Ore 9.02: straziante tentativo di afferramento della mamma. Senso di abbandono. Tremore. Urla di lacerante sofferenza.

Ore 9.03: inesorabile chiusura delle porte. Insopportabile senso di colpa materno.

Ore 9.04-12.00: pianti disperati, isteria collettiva, nasi colanti, sudori freddi, pipi nei pantaloni e traumi infantili protratti.

Ore 12.01: riconsegna del bambino in stato di shock.


Ore 12.02: obiezione di un cuore di mamma: “Mi scusi, non si puo fare l’inserimento? Posso rimanere in classe con mio figlio durante i primi giorni di scuola?”


“Signora, noi seguiamo la regola del cerotto: un colpo secco e via! ”


E la ferita brucia ancora.

La Solitudine dei Numeri Primi


Concorsi di gentilezza. Gare di velocita’ di pensiero. Olimpiadi di sangue freddo in situazioni di panico. Competizioni di sparecchiamento dei tavoli. Premio alla cravatta piu’ amichevole.


Non so chi abbia collezionato piu’ attestati di merito. Se la mia salumiera, il cane della mia vicina di casa o il lucidatore di mele del supermercato. (si'- il lucidatore di mele- esiste)



Il concetto e’ che ognuno deve eccellere in quello che fa.

L’obiettivo e’ arrivare primi.

Per gli americani, l’importante e’ vincere, non partecipare.


A scuola, al lavoro, nello sport. All’asilo.


La costante ricerca del perfezionamento di se stessi e’ il fine ultimo dell’esistenza.

Le debolezze sono un fallimento da nascondere.


Ma la condivisione delle proprie debolezze e’ il preludio dell’aiuto reciproco. Il germoglio dell’amicizia.


Essere primi ci lascia sempre un po’ soli.

Sulla credenza non c’e’ piu’ posto per la foto di un amico.

Ci sono troppi premi.

Friday, September 17, 2010

CARTOLINE MODERNE

“Cara nonna, qui e’ sempre nuvoloso.

Non si riesce a chiudere occhio e si mangia malissimo.

Il posto e’ piccolo e c’e’ sempre la stessa gente.

Vorrei uscire a prendere una boccata d’aria ma fuori ci sono cinquanta gradi sotto zero.

Spero che tu, in cielo, stia meglio di me.”



Cartoline a diecimila metri sopra l’atlantico: perfette per la nonna defunta- le poste quassu’ hanno una convenzione speciale col paradiso.


Volando da un continente all’altro, ho scoperto che a bordo della Lufthansa c’e’ una vasta gamma di cartoline con immagini di aereomobili su paesaggi celesti, pronte per essere spedite.

La Torre di Pisa, la Statua della Liberta’ e Piazza San Marco mi sembrano improvvisamente banali in confronto ad un Airbus A 380 con tramonto o ad un Boeing 747 su tempesta tropicale. Un cielo, un orizzonte, un pensiero.



Quale pazzo mandrebbe cartoline da un aereo? Chi vuole esprimere un concetto.

Che non conta la destinazione, ma la strada che fai.

Che non conta l’obiettivo, contano le tue motivazioni.

Che il punto di arrivo e’ la fine di tutto, mentre il percorso e’ l’avventura, l’emozione, la scoperta.


Come la vita.


La quintessenza di un viaggio e’ il viaggio stesso.





Friday, September 10, 2010

Milano, Addio

Cammino e i piedi se ne vanno per conto loro. Asfalto, mozziconi di sigaretta, rotaie del tram, strisce.

Non so dove mi stanno portando, ma so che la strada sta per finire.

So anche che arrivero’ sana e salva. Mi fido dei miei piedi.


I palazzi, le persone, i rumori. Non hanno piu’ senso.


Pensavo di amarti.

Era splendido amarti.


Gli occhi si riempiono di lacrime ed io cerco disperatamente nella borsa l’unica cosa che vorrei veramente adesso e che non c’e’ piu’.


I miei occhiali da sole.